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venerdì 12 novembre 2010 ore 15:00
Tecnica esecutiva, conservazione e restauro di una tempera su tela non preparata: la 'Madonna del Buonconsiglio' di Bergamo

Antonio Zaccaria Restauro Beni Culturali
Venerdì 12 novembre dalle ore 15,00 alle ore 18,00, Sala Giuseppe Rosi

Il restauro di una piccola tempera su tela raffigurante la Madonna con Bambino, più nota come Madonna del Buonconsiglio, conservata nella chiesa di Santo Spirito a Bergamo, diventa il punto di partenza per una riflessione interdisciplinare sulle particolarità esecutive dei dipinti con leganti proteici o gommosi su tele non preparate, piuttosto diffusi nelle Fiandre, in Germania e in Italia nel XV e XVI secolo, molto sensibili all’umidità e di difficile conservazione.
La tela infatti, donata alla chiesa di Santo Spirito a Bergamo da Andrea Rota nel 1496, si inserisce agevolmente in una serie di oggetti di area franco borgognona (xilografie, tele, vetri dipinti) di metà XV secolo che ripetono praticamente alla lettera la medesima composizione. L’opera qui discussa testimonia dunque l’utilizzo di una medesima invenzione in diversi contesti tecnici, la presenza nella città orobica di opere ‘ponentine’ e si presta ad indagare il rapporto tra tecnica e funzione. Si tratta infatti, ad evidenza, di un dipinto nato per la devozione privata, ambito nel quale le stesure opache della tempera erano privilegiate e recepite come funzionali alla contemplazione.
Questo stretto legame tra tecnica e funzione, insieme a una storia conservativa che ne ha preservato le caratteristiche salienti (la tela, fortunatamente, non è mai stata foderata o verniciata) ne fanno un campo di indagine privilegiato ma hanno anche dettato particolari cautele nel corso del restauro che si è posto come obiettivo l’arresto del degrado nel totale rispetto delle caratteristiche materiali e visibili dell’opera.
Il restauro è dunque stato preceduto da una campagna di indagini diagnostiche non invasive quali XRF, spettrometria in riflettanza, infrarosso falso colore e riflettografia infrarossa.
Nel corso del convegno verranno presentati i risultati delle analisi effettuate, che saranno oggetto di considerazioni storico-critiche alla luce di studi scientifici effettuati da altri operatori su dipinti analoghi.
La tecnica della tempera su tela medievale verrà inoltre inquadrata nell’evoluzione dei procedimenti pittorici sulla base delle fonti documentarie e trattatistiche disponibili, sia di area nordica che di area italiana.
Sarà quindi illustrato l’intervento di restauro che, come anticipato, si è posto l’obiettivo di interferire il meno possibile con i materiali costituivi, anche se le vicissitudini dell’opera e precedenti interventi ormai irreversibili ne hanno in parte modificato l’assetto originale.
La foderatura sarebbe stata risolutiva per tamponare le mancanze localizzate di supporto causate dall’originale applicazione attraverso chiodi e per affrontare il problema della perdita di adesione tra la pellicola pittorica e il supporto, ma le sue conseguenze snaturanti ch hanno spinto ad adottare accorgimenti alternativi, come l’applicazione di innesti con adesione testa a testa nelle circa 35 microlacune di supporto generate dalla ruggine dei chiodi.
L’utilizzo di un consolidante nebulizzato ha consentito di alterare il meno possibile i delicati parametri della policromia a tempera. E’ attualmente in fase di studio la metodologia da adottare per il montaggio dell’opera su un nuovo supporto, con l’obiettivo di utilizzare come punti di ancoraggio i medesimi innesti di tela applicati durante l’intervento, evitando il ricorso a fasce perimetrali che, se pur minimamente invasive, avrebbero in ogni caso, anche attraverso l’adesivo, contaminato il fragile perimetro dell’opera.

Relatori:
Emanuela Daffra, storico dell'arte, Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici di Milano
Antonio Zaccaria, Restauro Beni Culturali, via Bartolomeo Bono 19 24121 Bergamo
Paolo Bensi, Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Scienze per l’Architettura
Claudio Seccaroni, Ingegnere Chimico ENEA
Gianluca Poldi, Università degli Studi di Bergamo,

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