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sabato 13 novembre 2010 ore 15:30
La conservazione dell’Opera di Arienti del Museo Pecci. Un materiale difficile: il polistirolo

Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci - Prato in collaborazione con il Salone dell'Arte e del Restauro di Firenze
Sabato 13 novembre - dalle ore 15,30 alle ore 17,30, Sala Leonetto Tintori

Opera 'Cartoline' (1990/1991) di Stefano Arienti
Relatori: Leonardo Bigazzi, Giorgio Bonsanti, Paolo Braggio, Costanza Cucci, Stefano Pezzato, Marcello Picollo, Antonio Rava


Programma (in definizione):
Conservare l’opera d’arte Contemporanea “Cartoline” di Stefano Arienti, realizzata con un materiale sintetico espanso: il polistirolo.
Antonio Rava, docente del corso di Restauro dell’Arte Contemporanea presso il Centro Conservazione e Restauro di Venaria Reale.

Gli artisti del novecento hanno precocemente esplorato le possibilità espressive dei nuovi materiali sintetici per la realizzazione della scultura e successivamente l’introduzione di una vasta gamma di plastiche prodotte per usi commerciali dal secondo dopoguerra ha innescato una prassi innovativa della creatività contemporanea. I materiali sintetici espansi come il polistirolo, leggeri, sagomabili e comprimibili, sono stati utilizzati negli anni sessanta come espressione artistica a sé stante in lavori di Gianni Colombo (muro del 1959) e Nicola Carrino (1963), di Gilardi (trilite spezzato del 1964), poi passato all’uso del poliuretano espanso più morbido e cedevole, oltre altri come Michelangelo Pistoletto e Jean Dubuffet. Si tratta di un materiale relativamente economico, che può essere tagliato, scolpito, colorato, usato in blocco o a fogli sottili, come riempitivo leggero o rivestimento. Più recentemente le caratteristiche di traslucentezze e lavorabilità del materiale lo hanno fatto scegliere a Stefano Arienti per il suo lavoro “Cartoline” del 1990-91. Pochi artisti degli anni ’60 e ’70 hanno lavorato esclusivamente con questo materiale, ma lo hanno usato per un periodo limitato e poi hanno continuato a lavorare con altri materiali. A parte il cammino personale di ciascun artista, la ragione può essere identificata nella presa di coscienza che il materiale era poco durevole e che aveva la connotazione di qualcosa di economico ed effimero. Le generazioni più giovani hanno dunque usato il polistirolo per ragioni tecnologiche precise e oggi non è più ipotizzabile un uso indifferenziato nella scultura come quello degli anni ’60 e ’70.
Per quanto riguarda il problema conservativo Michelangelo Pistoletto intervistato nel 1986 da Renata Caragliano afferma che i lavori fatti con questo materiale (poliuretano espanso) nascono già con il problema di far durare qualcosa di per sé fragilissimo, che ha però la fortuna di essere così leggero, delicato e morbido da potersi scolpire con una rapidità ben diversa dai tempi lunghi richiesti da materiali più pesanti e tradizionali. In questo caso dunque il restauro è già insito nella nascita dell’opera per la necessità di ricercare immediatamente soluzioni per la sua protezione. Forse bisogna ipotizzare un luogo di conservazione che possa evitare il degrado o bisogna pensare ad un restauro nuovo che di fronte a situazioni inusuali ricorra a nuovi prodotti e tecnologie, rispettando l’avventura creativa dell’opera e comprendendone l’unicità.
Giovanna Scicolone, docente di restauro dell’arte contemporanea della scuola ENAIP di Botticino a Brescia, ha rilevato che il polistirolo presente nelle opere di Gianni Colombo una buona capacità di resistenza a condizioni estreme ma che la continua esposizione alle radiazioni ultraviolette causa un ingiallimento e un infragilimento della superficie che porta allo sbriciolamento, alla perdita di materiale e a modificazioni strutturali. L’EPS infatti non è costituito da sferette tenute assieme da un legame chimico ma da un legame fisico indotto dalla presenza dell’agente addensante ed è quindi facilmente soggetto al degrado meccanico. Una caratteristica del polistirolo è poi la sua capacità di caricarsi elettrostaticamente attraendo il particellato atmosferico che penetra profondamente negli spazi interstiziali.
Nel caso dunque del ripristino delle lastre di polistirolo espanso in un’opera di Gianni Colombo si è basata sul pensiero stesso dell’artista intervistato da Francesco Poli nel 1986: “quando mi capita che qualche pezzo di polistirolo si sia completamente sbriciolato, certo ho difficoltà a ritrovare il materiale uguale a quello di allora, per cambiarlo. Dato che allora facevo tagliare a macchina per avere dei parallelepipedi uguali, qualsiasi traccia di lavoro individuale era esclusa. Ma il polistirolo che trovo oggi non solo è più nuovo, ma ha anche un metodo di fabbricazione diverso e messo a fianco degli altri si differenzia. Quando in un’opera la parte di manualità è sostanziale rispetto al messaggio comunicato, allora effettivamente nulla può essere sostituito. Ma in molti casi ciò non avviene. Direi che quando il supporto presentazionale, sia l’originale o no, non cambia la quantità e qualità d’informazione estetica o concettuale dell’opera, la sostituzione opportunamente curata, può avvenire senza turbare l’integrità del messaggio. Ed è sciocco continuare a conservare con principi ed risentimenti vecchie opere fatte con intendimenti diversi'.
Nel caso di Jean Dubuffet la realizzazione di una serie di sculture denominate 'Hourloupe', tra il 1962 e il 1974 è stata attuata con questo materiale nuovo che secondo l’intenzione dell’artista permetteva la stessa libertà espressiva della pittura, senza una tradizione consolidata o un metodo di lavoro assodato. Ha scoperto perciò che la schiuma espansa di polistirolo (EPS) ha caratteristiche termoplastiche e una temperatura di scioglimento abbastanza bassa, intorno agli 80° C per cui può essere tagliata e sagomata con uno strumento elettrico messo a punto espressamente per lo scopo, un coltello elettrico o un filo metallico riscaldato.
L’artista crea così le forme rapidamente, per esprimersi con libertà e immediatezza come, secondo la sua espressione, 'una penna che corre sulla carta'. La conservazione del materiale viene applicata ad uno strato protettivo applicato a pennello, dispersione vinilica acquosa 'Flashe' e polifilla contenente cellulosa. Il risultato non deve essere troppo lucido, né alterare il biancore immacolato del polistirolo. Ma il polistirolo mostra di restare un materiale estremamente fragile, basta la sollecitazione da un oggetto contundente che si provoca una irreversibile modificazione della superficie. Dopo numerosi tentativi e contatti con specialisti l’artista allora mette a punto un sistema per conservare il concetto originale producendo il calco del polistirolo realizzando l’opera in poliestere poi dipinto e trattato in superficie a simulazione delle opere originarie. Questo lavoro è stato attuato solo su alcuni degli 'Hourloupe' mentre altri sono rimasti come all’origine, forse per la diversificazione dei fenomeni di alterazione che aveva osservato su alcune opere piuttosto che su altre. Si innesca infatti talvolta un degrado fotoossidativo del materiale che ingiallisce per l’esposizione alla luce, ma il fenomeno sembra dovuto a sistemi diversi di produzione perché il polistirolo espanso è stato sempre realizzato industrialmente con gli stessi materiali a partire dagli anni ’40 del novecento. L’EPS è prodotto da catene di polistirene impregnate con un agente espandente con un riscaldamento ed una densità programmata per ottenere forme specifiche, grandi blocchi o lastre sottili messe in commercio.
In conclusione possiamo affermare che artisti diversi hanno utilizzato nel tempo questo materiale difficile, dotato però di una grande forza espressiva, prevedendo percorsi integrati di sostituzione o trasformazione per garantire la durata. Dal momento che il materiale continua ad essere scelto per le sue caratteristiche è importante studiato a fondo con il progetto dell’IFAC-CNR, nell’ambito del progetto Europeo POPART, mettendo a punto un sistema protettivo innovativo come da tempo è stato auspicato dagli artisti.
Interviste di riferimento
-Intervista a Michelangelo Pistoletto di Renata Caragliano, 26 giugno 1986 in 'Arte contemporanea, conservazione e restauro', a cura di Sergio Angelucci, 1994 Nardini Editore Firenze.
-Anna Barbara Cisternino, 'il restauro di opere d’arte cinetica' di Gianni Colombo in 'arte contemporanea, conservazione e restauro' a cura di Sergio Angelucci, 1994 Nardini Editore Firenze.
-Giovanna Scicolone, Luca Cancogni 'Strutturazione pulsante: il restauro del movimento, della percezione complessa e del materiale' in atti del Congresso nazionale dell’IGIIC, lo stato dell’arte, 16-18 settembre 2010 Venezia.
-Ellen Pratt, Patricia Houlian e Eugena Ordonez, MOMA di New York, 'Studi sulla struttura di Jean Dubuffet', nel catalogo 'from marble to chocolate, the conservation of modern sculpture', Tate Gallery di Londra 18-20 settembre 1995, Archetype publication Londra.


Il Prof. Giorgio Bonsanti intende stabilire alcuni presupposti di carattere teorico e metodologico relativamente alla conservazione e restauro dell'arte contemporanea, in quanto può accomunarla all'arte del passato ma soprattutto in quanto la distingue e la diversifica


Spettroscopia ottica non-invasiva per l’analisi di materiali plastici nell’arte contemporanea: il caso del polistirolo nell’opera 'Cartoline' di Stefano Arienti.

Questo contributo illustra i primi risultati di uno studio scientifico svolto sull’opera ‘Cartoline’ di S. Arienti, selezionata come caso studio particolarmente significativo nell’ambito di una più ampia ricerca sulle problematiche di conservazione dei materiali plastici nell’arte contemporanea. L’analisi si inquadra nel Progetto Europeo POPART ( 'Preservation Of Plastic ARTefacts in museum collections' ) a cui l’Istituto di Fisica Applicata N. Carrara (IFAC) del CNR partecipa insieme ad altri 11 soggetti, tra laboratori di ricerca e istituzioni museali, selezionati a livello internazionale. Le ricerche svolte nel progetto mirano ad approfondire e riorganizzare le svariate ma ancora frammentarie conoscenze ad oggi disponibili su una corretta conservazione dei materiali plastici negli oggetti d’arte, ed affrontano dai diversi punti di vista le questioni ad essi connesse, ovvero: l’identificazione e la classificazione delle plastiche più ricorrenti in campo artistico, il monitoraggio in situ delle collezioni e lo studio dell’impatto ambientale, l’analisi del degrado e infine la proposta di linee guida per interventi di conservazione e recupero dell’opera.
In questo contesto è nata la fruttuosa collaborazione tra IFAC-CNR ed il Museo D’Arte Contemporanea “L. Pecci” di Prato che, oltre ad offrire la possibilità di svolgere uno studio sull’impatto dell’ambiente museale sui materiali plastici selezionati, ha fornito l’occasione per un prezioso approfondimento sull’opera in polistirolo di Stefano Arienti. L’oggetto mostra infatti alcuni segnali di degrado che evidenziano l’urgenza e la necessità di adottare misure opportune per limitare il rischio di ulteriori deterioramenti. Per valutare lo stato di conservazione dell’opera e proporre eventuali soluzioni per una corretta conservazione si è fatto ricorso a tecniche di spettroscopia ottica non-invasiva, con l’intento di analizzare le caratteristiche ottiche del materiale e quantificare, se possibile, l’entità del danno dovuto ad agenti ambientali. La tecnica utilizzata, basata sulla spettroscopia di riflettanza a fibre ottiche (FORS), è ormai ben consolidata per indagini su beni storico-artistici, ma il suo impiego su opere contemporanee è assolutamente innovativo. I dati ottenuti da queste indagini vengono qui discussi ed interpretati anche alla luce delle informazioni estratte da una intervista con l’artista, che integra in modo essenziale la parte scientifica dello studio, permettendo di arrivare ad alcune proposte di soluzione del problema conservativo dell’opera.
Marcello Picollo: Istituto di Fisica Applicata 'Nello Carrara'- IFAC-CNR
Costanza Cucci: Istituto di Fisica Applicata 'Nello Carrara'- IFAC-CNR
Leonardo Bigazzi: Istituto di Fisica Applicata 'Nello Carrara'- IFAC-CNR, Università degli Studi di Firenze – Corso di laurea Specialistica in “Scienze per i Beni Culturali” – Facoltà di Scienze S.M.F.N.

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